Dal 2014 il numero di questi lavoratori è leggermente in calo sia a seguito della ripresa occupazionale sia della riforma dei voucher avvenuta l’anno scorso che ha “aumentato” il ricorso al lavoro irregolare.
Questi 592 mila addetti, fa sapere l’Ufficio studi della CGIA (*), sono persone impiegate in lavori saltuari: 2 su 3 sono donne occupate, principalmente, nei servizi alla persona, come domestiche, baby-sitter, badanti, o al servizio di attività legate alla cura della persona (parrucchiere, estetiste, centri benessere, etc.).
Un altro comparto dove si concentra un’incidenza molto elevata di occupati saltuari è l’alberghiero-ristorazione e i servizi alle imprese.
Rispetto al 2007, il numero complessivo dei lavoratori saltuari è aumentato del 20,3 per cento
Gli over 65 sono i più numerosi: l’incidenza degli occupati con meno di 10 ore alla settimana sul totale dei lavoratori della stessa fascia demografica è pari al 6,9 per cento; seguono i giovani tra i 15 e i 24 anni (4,7 per cento).
“Questi dati – segnala il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo – evidenziano che la cosiddetta gig economy, sebbene in forte espansione, alimenta un’ occupazione on demand ancora molto contenuta. Le opportunità offerte dai siti, dalle applicazioni e dalle piattaforme web, ad esempio, stanno riempendo le nostre strade di ciclo corrieri, ma i cosiddetti piccoli lavoretti sono ancora ad appannaggio di settori tradizionali, come i servizi alla persona, e in quelli dove è molto elevata la stagionalità. Ambiti, tra l’altro, dove la presenza degli stranieri è preponderante”