La pandemia da Covid-19, che ha investito il sistema economico veneto quando esso aveva recuperato e accresciuto i livelli occupazionali presenti prima della crisi del 2008, ha fatto registrare una caduta a partire dal marzo 2020, tale da azzerare gli incrementi precedenti.
Dall’analisi dei dati di Veneto Lavoro, circa la variazione, emerge che il picco più basso del saldo delle posizioni di lavoro dipendente si era verificato a giugno dello scorso anno, con - 44.000 unità, per poi recuperare progressivamente nell’autunno sin ad arrivare al livello di sostanziale pareggio attuale. Il saldo tra assunzioni e cessazioni nel primo trimestre 2021 è stato pari a +29.000 unità rispetto alle +18.000 fatto registrare nel medesimo periodo del 2020 che già testimoniava di un rallentamento in atto del ciclo economico (nel 2019 il saldo era stato positivo per quasi +44.500). L’andamento delle assunzioni risulta in flessione del -17% rispetto all’anno precedente e addirittura del -31% sul 2019.
Dal punto di vista contrattuale, il bilancio del primo trimestre è stato soprattutto positivo per il tempo determinato (+24.000 posizioni) e per il tempo indeterminato (+5.400), mentre risulta appena negativo (-700) per l’apprendistato. La dinamica delle assunzioni è per tutti negativa in confronto ai due anni precedenti, in particolare per il tempo indeterminato. Osservando l’andamento tendenziale, i contratti a tempo indeterminato, protetti dalla cassa integrazione estesa e dal divieto di licenziamento imposto dal Governo, hanno registrato un calo costante ma contenuto e si sono mantenuti in terreno positivo, nonostante prosegua ancora la flessione delle assunzioni (nel primo trimestre pari al -22% sull’analogo periodo del 2020); l’apprendistato segna una lenta, modesta e progressiva contrazione (con una riduzione delle assunzioni del -13%). A pagare maggiormente son stati gli stagionali, quindi i contratti a termine, nei quali si è riversato tutto il peso delle diverse fasi di lockdown, con una caduta profondissima nei mesi di maggio e di giugno seguita da un parziale recupero, arrestatosi però nel mese di novembre (la flessione delle assunzioni si è fermata a febbraio di quest’anno, con un miglioramento a marzo solo perché 12 mesi prima il blocco dell’economia era stato totale).
Sul versante delle cessazioni dei contratti di lavoro, nel primo trimestre 2021 esse si sono complessivamente ridotte del -29% rispetto al corrispondente periodo dei due anni precedenti. Quanto ai motivi sono ovviamente tutti in netta flessione, in modo particolare i licenziamenti collettivi (-68% sul 2020), quelli per motivi economici individuali (-65%) e quelli legati alla fine dei rapporti a termine, come conseguenza dei mancati reclutamenti (-39%).
Le donne e gli italiani son stati i più penalizzati nelle assunzioni: le prime hanno visto un calo del -22% rispetto al 2020 (a fronte del -13% degli uomini), mentre i connazionali un -17%, contro il -15% degli stranieri. Circa la classe d’età, pagano in egual misura i giovani e le età centrali (-18%), mentre i senior, numericamente meno rilevanti, segnano un -12%.