Rispetto allo stesso periodo del 2018, anche nel mese di marzo di quest’anno, fa sapere l’Ufficio studi della CGIA, i finanziamenti bancari alle piccole imprese sono scesi del 2,3 per cento: un trend negativo che per queste realtà aziendali dura ormai da 7 anni.
“Dal 2012, come sottolinea la Banca d’Italia nella sua ultima Relazione annuale, il volume dei prestiti alle aziende con meno di 20 addetti è sceso costantemente", afferma il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo. "Un risultato -dice Zabeo- che solo in parte è riconducibile alla qualità della domanda e al livello di rischiosità di questi soggetti”.
Una condotta, quella praticata degli istituti di credito nei confronti delle piccole e piccolissime imprese, che lascia trasparire, secondo l'ente mestrino, una volontà ben precisa.
"Quando una micro impresa -spiega il Segretario Renato Mason- si rivolge ad una banca per ottenere un finanziamento, nella stragrande maggioranza dei casi quest’ultimo ha una dimensione economica molto contenuta. Se in prima battuta sembra una richiesta facilmente solvibile, successivamente si scopre che per redigere l’istruttoria ed erogare il prestito gli istituti di credito devono assumersi dei costi fissi molto elevati, che riducono al minimo i margini di profitto di questa operazione. Questa è la ragione che ha spinto molte banche, soprattutto di livello nazionale, a chiudere i rubinetti del credito alle micro aziende. E senza liquidità, molti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori si sono trovati in gravi difficoltà”.
Secondo l’Ufficio studi della CGIA, inoltre, non è da escludere che a seguito della significativa diminuzione dell’offerta di credito avvenuta in questi ultimi anni, molti piccoli imprenditori, soprattutto al Nord, siano finiti tra le braccia delle organizzazioni criminali di stampo mafioso. Realtà, queste ultime, sempre molto disponibili a “soccorrere” chi si trova a corto di liquidità. Un problema che sta assillando, in particolar modo, le attività del comparto casa (edili, dipintori, elettricisti, idraulici, installatori impianti, serramentisti, etc.), che, con l’entrata in vigore del “Decreto crescita”, rischiano di subire un ulteriore danno economico.