GIANNI ZANOLIN SI DIMETTE DA CONSIGLIERE COMUNALE A PORDENONE

Sono già passati due anni da quando questo Sindaco, la sua Giunta e la maggioranza che lo sostiene si presentarono con il loro programma in questo Consiglio. Io sostenni allora che eravamo di fronte ad una crisi strutturale dell’assetto del paese e che il cuore della crisi era nelle istituzioni, com’era ed è simbolicamente rappresentato dal debito pubblico. Dissi che solo una stagione di grandi e radicali riforme poteva farci uscire da una situazione che ci avrebbe portato ad una degenerazione sociale, culturale e politica davvero molto difficile. Dunque, non servivano misure anticicliche, ma da subito bisognava trasformare il ruolo, le funzioni, l’assetto del Comune. Era questo il contributo che potevamo dare e, inoltre, chi prima e più cambia, prima coglie l’onda di un eventuale ripresa. Non fui creduto. Il Sindaco sostenne allora che la mia era una posizione “catastrofista” (Pedrotti usò proprio questa parola). La maggioranza non vedeva alcun bisogno di cambiare il modo ed i contenuti del governo del Comune. Infatti, la Giunta assunse immediatamente decisioni che dimostravano che tutto doveva “continuare”. Ne cito due sole, simboliche: ad agosto del 2011, essendo scaduti non per colpa del Comune i termini ultimi per il Centro commerciale Meduna (quello dell’Ipercoop) per ottenere il suo raddoppio, Pedrotti e la Giunta li prolungarono. Ancora due anni fa Pedrotti, la sua Giunta e la maggioranza che li sostiene non si rendevano conto che la stagione dei centri commerciali era finita e sostenevano un modello di sviluppo che postulava la possibilità di un aumento indefinito dei consumi. Una follia, a mio modo di vedere. Poco dopo il Sindaco confermò Alvaro Cardin alla Presidenza della Fiera, sulla base degli equilibri interni alla coalizione. Oggi la Fiera è in una condizione questa sì davvero “catastrofica”, anche per colpa dell’insufficiente qualità nella sua governance. La Fiera sarà a breve al centro di serissimi problemi ed ai soci verrà chiesta una ricapitalizzazione. Vedremo. Dunque non hanno riconosciuto la crisi per com’era. Ancora l’anno scorso, in sede di discussione di un già difficile Bilancio 2012, proposi a nome de ‘il Ponte’ misure radicali di trasformazione dell’assetto complessivo del Comune: cedere molte delle aziende controllate e le partecipazioni in altre; cedere a privati le tre farmacie comunali, con garanzie per il personale; passare gli asili nido e Casa serena ad una Azienda per i Servizi alla Persona (ASP) o a cooperative sociali, con garanzie per il personale e mantenendo solo una sorveglianza sulla qualità delle prestazioni. Non fummo ascoltati: dissero che non c’era motivo, anzi era sbagliato. Avanti come sempre. E oggi, quanti governano il Comune riconoscono questa crisi? La capiscono? Che interpretazione ne danno? Intuisco che pochissimo alla volta, in loro, si manifesta consapevolezza della gravità della situazione. Ad esempio, se non è stata firmata quell’ipotesi di Accordo di programma con la Regione che prevedeva la costruzione del nuovo ospedale in Comina, è perché a qualcuno è parso che la fase di espansione della città fosse finita e dunque quello sarebbe stato un errore. Però il Sindaco ha sempre detto che firmerebbe domani. Ed anche una parte della maggioranza. Anche la grave situazione sociale induce Sindaco e maggioranza a riflettere. Ma quale passaggio fanno dalla costatazione che la crisi è grave alle scelte per uscirne? In Consiglio comunale si è sentito solo dire che “il lavoro è centrale”. Si è proposto un “assessorato al lavoro”. Francamente direi che centrale è la produzione di valore aggiunto, da cui discende il lavoro. Non credo infatti che si debbano scavare buche per poi riempirle pur di dar da fare qualcosa alla gente. Servono imprese, nuove aziende, che producano beni e servizi innovativi che si impongano sui mercati mondiali. Servono strategie per dare modo alle idee imprenditoriali innovative di affermarsi. Ma qui si torna nuovamente alle istituzioni, alla loro capacità di aiutare questo processo. In questo sta la centralità del lavoro. Cosa può fare il Comune di Pordenone per favorire un simile processo? Una sola cosa: deve trasformarsi, nella direzione di essere meno presente e fornire un numero limitato di servizi qualificati. Deve lasciare spazio ai cittadini ed affidare la vita civile sempre più alla loro responsabilità personale e sociale. Perché il cuore della crisi sono le istituzioni. La prima riforma da fare, per determinare le condizioni per una ripresa dei processi di creazione di valore aggiunto e perciò di lavoro, è riformare in profondità le istituzioni. Quel che noi possiamo fare è cambiare il Comune, in profondità: è quello che in aula ho proposto, assieme al collega Pasut ed a nome de “il Ponte”, per due anni. Inutilmente. Si trattava, e si tratterebbe, di anticipare la crisi degli assetti, di riformare il Comune in anticipo su ogni decisione nazionale o regionale. Dovremmo sperimentare. Ma non c’è nessuna voglia di farlo. C’è anzi una scelta politica che va in senso contrario: basta guardate a com’è composto il Bilancio di previsione 2013. Ci sono meno soldi e si riducono alcuni settori dell’attività del comune. Si taglia ma non si chiude, si fa meno ma si continua a fare. Nominalmente il Comune continua a fare tutto quello che faceva tre anni fa, solo di meno. È evidente che questa è una, peraltro legittima, scelta politica. Ma per l’appunto non mostra alcuna volontà di cambiare il senso stesso dell’esistenza del Comune. Per questa assenza totale di strategia riformatrice io non faccio alcuna colpa personale a Sindaco, giunta, maggioranza. Non hanno alcuna responsabilità personale. Sono stati educati nelle forze politiche e selezionati dentro quelle stesse forze, nell’ottica della fedeltà, secondo meccanismi che non prevedono alcuno spazio per la creatività e l’innovazione. Sono in Consiglio col preciso compito di non cambiare per non mutare gli assetti di potere a loro superiori. Questo è il senso delle scelte che hanno costituito la maggioranza. Dunque, non è una questione personale verso qualcuno, questa mia denuncia dell’assenza di ogni strategia e volontà di riforma e cambiamento: è una analisi politica di sistema. Aspettano che da Roma giungano riforme, disposti ad applicarle. Ieri sera però, parlando di rifiuti, il Sindaco affermava che temeva che nessuna decisione vera sarebbe giunta dal governo Letta. Lo penso anch’io: non c’è alcuna strategia di riforme e non ci sono riforme vere. Quella del finanziamento pubblico dei partiti è un simbolo delle riforme possibili con questo Governo, questo parlamento, questi partiti: maquillage, far finta di cambiare per non cambiare alcunché. Dunque non arriveranno cambiamenti positivi da Roma e nel contempo Pedrotti e la sua maggioranza non hanno alcuna intenzione di arrischiare cambiamenti qui. Questo stato di cose mi spinge a dire che a me non interessa stare qui ad aspettare. Che cosa poi? Un signor Godot qualunque? Io concepisco la politica solo come sperimentazione, anticipazione, innovazione. A me, personalmente, nulla interessa di restare qui a chiedere e proporre innovazione a persone che non la vogliono, la temono, la avvertono solo come destabilizzante di equilibri di potere. Dopo questo intervento ho consegnato le mie dimissioni dal Consiglio comunale alla Segreteria del Consiglio. Desidero aggiungere solo questo: Dopo tanti anni sento concluso il mio impegno istituzionale. Molti dicono che bisogna lasciar spazio ai giovani: io lo faccio concretamente. Penso che un cambiamento, a Pordenone ed in Italia, sia possibile, ma scelgo per me un impegno politico e culturale fuori dalle istituzioni. Non sarò contro le istituzioni, ma fuori, con rispetto. È lo stesso atteggiamento che da molti anni mantengo verso i partiti: non sono contro i partiti, ma fuori, con rispetto. “Il Ponte” mantiene la sua presenza in Consiglio comunale, condurrà ancora fiere battaglie ed io aiuterò i consiglieri comunali, se fosse necessario. Francesca Cardin prende il mio posto e sono certo che sarà un’ottima consigliere comunale: è una giovane donna e porterà un diverso punto di vista, altre esperienze, diverse dalle mie, come suo contributo alla vita del Consiglio. Ho dato la mia disponibilità ad impegnarmi per “il Ponte”. Se l’assemblea della lista lo riterrà opportuno, a settembre mi darà una delega ed io l’accetterò volentieri. Da ultimo: ringrazio la stampa ed i mezzi di comunicazione che in questi anni hanno accolto con favore le mie iniziative. Non pensiate che mollo: cambio, perché la vita ha senso solo se si cambia. Gianni