LAVORO: IL 2021 SI CHIUDE CON 40 MILA POSTI DI LAVORO IN PIÙ IN VENETO. RESTANO LE INCOGNITE PER IL 2022

Un saldo positivo soprattutto grazie all’andamento della seconda metà dell’anno, con un rimbalzo economico dopo il crollo del 2020

LAVORO: IL 2021 SI CHIUDE CON 40 MILA POSTI DI LAVORO IN PIÙ IN VENETO. RESTANO LE INCOGNITE PER IL 2022

Il 2021 si chiude in Veneto con un saldo occupazionale positivo per 39.700 posti di lavoro dipendente, grazie soprattutto all’andamento della seconda metà dell’anno quando il tanto atteso rimbalzo economico seguito al crollo del 2020 ha spinto anche il mercato regionale. 

È quanto emerge dai dati della Bussola di Veneto Lavoro, che consentono di stilare un primo bilancio di quanto accaduto nell’anno appena concluso. 

A crescere non sono solo i contratti a termine (+38.500), tipologia contrattuale preferita dalle imprese nei periodi di maggiore incertezza e che sta ora ricostruendo quel bacino di posizioni lavorative andato perso durante il lockdown, ma anche i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, a lungo protetti anche da cassa integrazione e divieto di licenziamento, seppure con un saldo molto meno positivo rispetto al 2019. 

La domanda di lavoro si è invece fermata su volumi inferiori al 2019, con un calo delle assunzioni pari al 9%, soprattutto a causa dell’andamento registrato nei primi mesi dell’anno quando erano ancora in vigore importanti restrizioni. La flessione si è concentrata in alcuni settori produttivi quali occhialeria (-30%), turismo (-22%), concia (-17%) e commercio (-10%), ma non sono mancati comparti che hanno registrato incrementi anche rilevanti: dalle macchine elettriche (+17%) all’industria chimica e plastica (+11%), dalle attività culturali (+12%) ai servizi finanziari (+11%). Il mese di dicembre ha confermato l’inversione di tendenza della seconda parte dell’anno e ha fatto registrare un aumento delle assunzioni pari al 5%.  

Analogamente alle assunzioni, anche le cessazioni di rapporti di lavoro si sono confermate in flessione (-11%), con una netta prevalenza di quelle per fine termine (che rappresentano il 52% del totale) e delle dimissioni (34%). Queste ultime sono però in aumento del 9% rispetto al 2019, in virtù soprattutto di una rinnovata dinamicità del mercato del lavoro che consente a molti lavoratori di trovare altrove migliori condizioni di impiego. Anche per effetto del divieto protrattosi fino allo scorso autunno, i licenziamenti economici individuali e collettivi risultano dimezzati nel confronto con il 2019. Neppure lo sblocco definitivo del 31 ottobre, dopo quello parziale del 30 giugno, sembra aver provocato i temuti scossoni sul mercato del lavoro: da luglio ad oggi ne sono stati effettuati circa 9.400 rispetto ai 16 mila del 2019 e ai 15 mila del 2018.