CORONAVIRUS, VENETO “CON EMERGENZA, 60.000 OCCUPATI A TERMINE IN MENO RISPETTO ALLO SCORSO ANNO"

CORONAVIRUS, VENETO “CON EMERGENZA, 60.000 OCCUPATI A TERMINE IN MENO RISPETTO ALLO SCORSO ANNO

 

 

L’analisi dell’Osservatorio di Veneto Lavoro sul bimestre febbraio-aprile 2020, raffrontata a quella sul corrispondente periodo del 2019, riferisce che sono più di 60.000 in meno gli occupati a termine, tra mancate assunzioni e posti di lavoro effettivamente persi, nella nostra Regione. Nel periodo affrontato, il numero di occupati con contratti di lavoro a tempo determinato, di apprendistato o intermittente è diminuito di circa il 10%, passando da 256.000 a 232.000 (-24.111). Se una piccola parte di loro è transitata verso altre forme contrattuali, anche a tempo indeterminato, molti sono rimasti senza lavoro. Rispetto allo scorso anno sono sensibilmente diminuiti anche i nuovi occupati: sono 22.815 nel bimestre febbraio-aprile 2020, contro i 64.475 dello stesso periodo del 2019 (-41.660).

 

L’anno scorso si era osservata una dinamica opposta a quella attuale e il numero di occupati a termine era cresciuto al ritmo di 3.000 alla settimana, soprattutto grazie all’apporto dei lavoratori stagionali, arrivando a quota 293.000 ad aprile e ad oltre 321.000 occupati nel mese di giugno. Se la tendenza registrata quest’anno fino ad ora non si invertirà, si profila un quadro in cui è possibile che tra un mese il divario di occupati a termine raggiunga quota 100 mila lavoratori in meno rispetto all'anno scorso, corrispondente a una diminuzione del 30%.

 

“Il lavoro a termine – sottolinea Elena Donazzan, assessore al Lavoro della Regione del Veneto - si conferma così come il più colpito dagli effetti dell’emergenza Covid-19 e il futuro di molti lavoratori appare tuttora incerto. La metà degli occupati a tempo determinato nel mese di aprile, circa 121 mila lavoratori, ha infatti il contratto in scadenza entro giugno 2020 ed è inevitabile come un eventuale rinnovo dipenda dalle prospettive economiche generali e aziendali”.

 

Il calo occupazionale sembra aver coinvolto in maniera omogenea italiani e stranieri, considerato che come l’anno scorso la quota di occupati stranieri è attorno al 20%, e interessato tutti i settori, con rarissime eccezioni. Il turismo ha pagato il prezzo più alto: nel 2019 la crescita degli occupati era stata del 27% tra febbraio e aprile e del 24% tra aprile e giugno, mentre quest’anno si è registrato un calo del 17% solo nei primi due mesi di emergenza. Ad aprile gli occupati nei servizi turistici, che comprendono alberghi e ristorazione, risultavano 48.500 a fronte dei 74 mila di dodici mesi prima. Segno meno anche in molti altri settori, quali ingrosso e logistica (-16%), made in Italy (-12%), commercio e costruzioni (-11%). Unica eccezione l’agricoltura, che tra febbraio e aprile fa registrare un +12% di occupati, una percentuale comunque inferiore al +16% registrato nello stesso periodo del 2019.